Si
sa che la città partenopea è ricca di segreti e bellezze di valore inestimabile,
talvolta non molto considerate dalla critica attuale; tra queste opere
certamente rientra il Cristo Velato
eseguito da uno degli scultori più grandi, più geniali, quasi “illuminato” da
una luce divina, alcune volte definito erroneamente come “tecnicista aulico ed
accademico”: Giuseppe Sammartino.
Il
Sammartino nacque a Napoli nel 1720 e, sebbene non tutti i testi di storia
dell’arte ne parlino oppure spendano su di lui davvero pochissime parole,
tuttavia egli è uno dei maggiori artisti del Settecento italiano. Ebbe una
carriera artistica decorosa talvolta anche lavorando con il Vanvitelli; non
eseguì molte opere, più che altro si adoprò nell’abbellimento di chiese: eseguì
solo 7 opere. Certamente la più nota fra queste è il CRISTO VELATO, opera
sublime perché chiunque, artista o ammiratore che sia, davanti ad una tale
grandezza, davanti ad una tale forza espressiva si sente piccolo ed
insignificante, quasi abbagliato da una sorta di “luce” che questa opera emana.
Scopriamola insieme.
Si
deve notar subito il soggetto: Cristo morto appena disteso sul letto
sepolcrale, coperto dal velo (la Sindone). La scena è sicuramente una delle più
rappresentate nel Settecento e nei periodi storici precedenti, ma il modo
attraverso il quale Gesù è stato rappresentato non ha paragoni in nessun’altra
rappresentazione del medesimo soggetto. L’opera è completamente in marmo, o
meglio, l’autore l’ha eseguita scolpendo un unico blocco di marmo (e qui risiede
la grandezza sia dell’autore sia dell’opera che in questo supera addirittura i
più grandi capolavori dell’intera storia dell’arte italiana). L’opera è stata
commissionata da Raimondo de Sangro VII, principe di Sansevero, ed è
attualmente conservata nella cappella Sansevero di Napoli.
Si
veda con quale maestria è stato eseguito il letto di morte: sembra che davvero
il marmo si sia piegato sotto il peso del Cristo; le pieghe all’interno del
materasso sono molto realistiche. Medesimo discorso vale per la realizzazione
dei cuscini (da notare con quale cura sono state realizzate le “cuciture” del
cuscino) e delle nappine ad essi appese. Vicino al corpo del Cristo sono stati
scolpiti anche i simboli della sua passione: corona di spine, chiodi e manette
di ferro. La parte di questa opera che maggiormente colpisce gli occhi di
chiunque è, però, il velo. Esso è stato realizzato completamente in marmo, ed è
proprio in questa caratteristica che traspare tutta la genialità e la maestria
dell’artista. Sembra quasi che realmente un velo dell’epoca si sia marmorizzato
sul Cristo! Sembra che abbia davvero una consistenza ed uno spessore tanto
sottile da lasciar trasparire il volto del Cristo; volto che raffigura il
dolore di un’agonia passata ma che ora è calmo, sereno e disteso nella speranza
della Resurrezione. Proprio riguardo al velo, all’epoca, nel ‘700, sono state
fatte moltissime ipotesi sulla sua realizzazione eseguita, appunto, con tanta
maestria che per l’epoca sembrava molto “strano”; si ipotizzò addirittura che
il velo fosse frutto di una “cristallizzazione alchemica” ovvero che il
Sammartino avesse imparato dal suo stesso committente ( che secondo una
leggenda dell’epoca aveva delle profonde conoscenze di alchimia) la tecnica per
far avviare questo processo. Ovviamente il tentativo di far risultare la
creazione del velo frutto di una pratica magica è solo dimostrazione del fatto
che nessuna persona è mai riuscita a capire come il Sammartino abbia fatto ciò
né, tantomeno, ad imitarlo.
Di questa opera venne a conoscenza Antonio Canova -
altro importantissimo protagonista del panorama artistico del Settecento
italiano - che, dopo averla osservata, pronunciò la celeberrima sententia che racchiude tutta la
bellezza e l’importanza di questa opera: “Sarei disposto a dare dieci anni
della mia vita pur di essere l’autore di un simile capolavoro!”.
In
conclusione questa opera è da considerarsi tra le più belle, le più importanti
di tutta la storia dell’arte MONDIALE sine
ulla mora!
- Francesco Sorgente
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