04/03/16

Segreti di città: il Cristo Velato di Napoli


Si sa che la città partenopea è ricca di segreti e bellezze di valore inestimabile, talvolta non molto considerate dalla critica attuale; tra queste opere certamente rientra il Cristo Velato eseguito da uno degli scultori più grandi, più geniali, quasi “illuminato” da una luce divina, alcune volte definito erroneamente come “tecnicista aulico ed accademico”: Giuseppe Sammartino. 


Il Sammartino nacque a Napoli nel 1720 e, sebbene non tutti i testi di storia dell’arte ne parlino oppure spendano su di lui davvero pochissime parole, tuttavia egli è uno dei maggiori artisti del Settecento italiano. Ebbe una carriera artistica decorosa talvolta anche lavorando con il Vanvitelli; non eseguì molte opere, più che altro si adoprò nell’abbellimento di chiese: eseguì solo 7 opere. Certamente la più nota fra queste è il CRISTO VELATO, opera sublime perché chiunque, artista o ammiratore che sia, davanti ad una tale grandezza, davanti ad una tale forza espressiva si sente piccolo ed insignificante, quasi abbagliato da una sorta di “luce” che questa opera emana. Scopriamola insieme.


 
 

Si deve notar subito il soggetto: Cristo morto appena disteso sul letto sepolcrale, coperto dal velo (la Sindone). La scena è sicuramente una delle più rappresentate nel Settecento e nei periodi storici precedenti, ma il modo attraverso il quale Gesù è stato rappresentato non ha paragoni in nessun’altra rappresentazione del medesimo soggetto. L’opera è completamente in marmo, o meglio, l’autore l’ha eseguita scolpendo un unico blocco di marmo (e qui risiede la grandezza sia dell’autore sia dell’opera che in questo supera addirittura i più grandi capolavori dell’intera storia dell’arte italiana). L’opera è stata commissionata da Raimondo de Sangro VII, principe di Sansevero, ed è attualmente conservata nella cappella Sansevero di Napoli. 


Si veda con quale maestria è stato eseguito il letto di morte: sembra che davvero il marmo si sia piegato sotto il peso del Cristo; le pieghe all’interno del materasso sono molto realistiche. Medesimo discorso vale per la realizzazione dei cuscini (da notare con quale cura sono state realizzate le “cuciture” del cuscino) e delle nappine ad essi appese. Vicino al corpo del Cristo sono stati scolpiti anche i simboli della sua passione: corona di spine, chiodi e manette di ferro. La parte di questa opera che maggiormente colpisce gli occhi di chiunque è, però, il velo. Esso è stato realizzato completamente in marmo, ed è proprio in questa caratteristica che traspare tutta la genialità e la maestria dell’artista. Sembra quasi che realmente un velo dell’epoca si sia marmorizzato sul Cristo! Sembra che abbia davvero una consistenza ed uno spessore tanto sottile da lasciar trasparire il volto del Cristo; volto che raffigura il dolore di un’agonia passata ma che ora è calmo, sereno e disteso nella speranza della Resurrezione. Proprio riguardo al velo, all’epoca, nel ‘700, sono state fatte moltissime ipotesi sulla sua realizzazione eseguita, appunto, con tanta maestria che per l’epoca sembrava molto “strano”; si ipotizzò addirittura che il velo fosse frutto di una “cristallizzazione alchemica” ovvero che il Sammartino avesse imparato dal suo stesso committente ( che secondo una leggenda dell’epoca aveva delle profonde conoscenze di alchimia) la tecnica per far avviare questo processo. Ovviamente il tentativo di far risultare la creazione del velo frutto di una pratica magica è solo dimostrazione del fatto che nessuna persona è mai riuscita a capire come il Sammartino abbia fatto ciò né, tantomeno, ad imitarlo.

Di questa opera venne a conoscenza Antonio Canova - altro importantissimo protagonista del panorama artistico del Settecento italiano - che, dopo averla osservata, pronunciò la celeberrima sententia che racchiude tutta la bellezza e l’importanza di questa opera: “Sarei disposto a dare dieci anni della mia vita pur di essere l’autore di un simile capolavoro!”. 


In conclusione questa opera è da considerarsi tra le più belle, le più importanti di tutta la storia dell’arte MONDIALE sine ulla mora

- Francesco Sorgente

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