04/03/16

“Super – Tuesday”: tra applausi, dinastie e deliri si apre la sfrenata corsa alla Casa Bianca


Martedì scorso è stato un giorno particolarmente importante per gli Americani. Non si tratta stavolta di Black Friday o di tacchini, ma di politica: il 1 Marzo si è svolto il “Super-Tuesday”, dove milioni di elettori, appartenenti a 13 Stati, sono stati chiamati a scegliere i candidati dei due principali partiti del Paese che si sfideranno il prossimo 8 Novembre per le elezioni presidenziali.

Finirà, quindi, tra pochi mesi l’era Obama, durata ben 8 anni, rivoluzionaria nella figura del primo presidente americano di colore, ma comunque caratterizzata da non pochi problemi di carattere economico, politico e soprattutto ideologico (vedi armi e pena di morte), ben radicati all’interno della società americana. Ma anche queste elezioni si prospettano ricche di colpi di scena, degni delle migliori sceneggiature teatrali: basta dare uno sguardo ai principali personaggi, se così si possono etichettare, che dominano in questo momento la scena politica.

Dal lato dei democratici, quelli di Obama, per intenderci, sulla scia di molti trionfi si è imposta Hillary Clinton, già First Lady dal 1993 al 2001 e Segretario di Stato dal 2009 al 2013, veterana in materia di scandali alla “corte presidenziale”, che ha conquistato in questa tornata elettorale un enorme consenso negli Stati del Sud: Alabama, Arkansas, Massachusetts, Georgia, Tennessee, Texas e Virginia si sono schierati, sempre per quanto riguarda i democratici, dalla parte di colei che potrebbe diventare presto il primo presidente donna degli Stati Uniti. Segue il secondo candidato, Bernie Sanders, 74 anni, risultato vincitore in Vermont, Oklahoma, Colorado e Minnesota, in cui molti Americani, ma non abbastanza, ripongono fiducia, tra cui la stessa Hillary, mossa forse dallo spirito di squadra e di solidarietà, ma più probabilmente da scopi strategici: il senatore, infatti, se riesce a non mollare la presa, potrebbe optare per il titolo di Vice Presidente.

Dall’altro lato, invece, quello Repubblicano, le cose si complicano, e non di poco, senza seguire una precisa direzione, a causa della comparsa di uno strano individuo dalla capigliatura arancione: Donald Trump, imprenditore e magnate finanziario, che ha deciso di scendere in politica, prendendo così una strada più semplice o, almeno, così pare. Al “Super Tuesday”, infatti, ha spazzato via gli altri avversari, conquistando ben 8 Stati su 11: Alabama, Arkansas, Georgia, Massachusetts, Tennessee Virginia e Vermont. Secondo, il senatore del Texas Ted Cruz.

A questo punto si apre un enorme problema per il partito di Lincoln e Reagan: Trump fa dichiarazioni spesso volgari e a dir poco sconcertanti, per molti paragonabili solo a quelle di uno squilibrato, o semplicemente di una mente totalmente inesperta di politica, come chiudere tutte le frontiere americane per le persone di fede musulmana o scollegare Internet in alcune aree del Paese. Bill Clinton sarebbe spaventato all'idea che la moglie debba lanciarsi in duelli contro un uomo che padroneggia come pochi l'insulto. Secondo l'ex consigliere di George W. Bush, Matthew Dowd, Hillary ha un'organizzazione che assomiglia a "una nave petroliera", ma affrontare Trump è come "vedersela coi pirati somali". Dopo il voto di martedì, Trump ha detto: "Io sono l'unificatore". In realtà il partito non è mai apparso così diviso, allo sbando, spaccato tra interessi e strategie diverse, senza una vera linea da seguire. In sintesi: il partito non vuole Trump, ma gli Americani conservatori sì, e non esiste un vero e influente candidato politico che potrebbe ricoprire il ruolo di candidato repubblicano alle prossime elezioni. Data la delicata e intricata situazione, ormai i giochi sembrano fatti, ma non è detta l’ultima parola, almeno fino a Luglio, quando i due partiti annunceranno, in seguito ad una Convention, i due candidati che si sfideranno per il titolo di 45° Presidente degli Stati Uniti.

Cosa accadrà a Novembre e chi la spunterà in questa storia è, invece, tutto da vedere: non sono esclusi colpi di scena, soprattutto verbali.


- Michelangelo Maiellaro

1 commento:

  1. Trump è tremendamente utile per spiegare alla gente la definizione di "Babbone americano"!

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