Oggi, giovedì 17 marzo, si festeggia il compleanno
dell’Italia poiché proprio oggi, 155 anni fa, fu proclamata ufficialmente la
nascita del Regno d’Italia.
All’indomani della seconda guerra d’Indipendenza,
conclusasi con l’armistizio di Villafranca l’11 luglio 1859, grazie al quale il
Regno di Sardegna ottenne l’annessione della sola Lombardia, e dopo la “Spedizione
dei Mille”, avvenuta nel biennio 1859 – 1860, il 18 febbraio 1861 si riunì
presso palazzo Carignano a Torino il primo Parlamento italiano. La sua nascita
fu ufficializzata proprio il giorno 17 marzo 1861 dall’allora presidente del
consiglio Camillo Benso, conte di Cavour. Egli presentò un progetto di legge
formato da una sola norma la quale recitava così: “Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il
titolo di Re d’Italia”. Si poteva dire, quindi, ufficialmente nata l’Italia.
Il 18 febbraio, giorno
in cui si riunì il primo Parlamento italiano, il re pronuncia alle camere
riunite in seduta comune il “Discorso di apertura del Parlamento italiano”.
Questo documento ha una importanza storica fondamentale, perché in poche parole
il re riesce a ripercorrere la storia del Risorgimento italiano (che ancora si
doveva concludere poiché mancavano all’appello ancora il Lazio e il Triveneto)
e a ringraziare tutti quei patrioti che avevano dato la vita pur di vedere
l’Italia unita. Commentiamolo.
DISCORSO
DELLA CORONA
PER L’APERTURA DEL PARLAMENTO ITALIANO
18 FEBBRAIO 1861
DELLA CORONA
PER L’APERTURA DEL PARLAMENTO ITALIANO
18 FEBBRAIO 1861
Signori Senatori! Signori Deputati!
Libera ed unita quasi
tutta, per mirabile aiuto della divina Provvidenza, per la concorde volontà dei
popoli, e per lo splendido valore degli eserciti, l’Italia confida nella virtù
e nella sapienza vostra.
A voi si appartiene il
darle istituti comuni e stabile assetto. Nello attribuire le maggiori libertà
amministrative a popoli che ebbero consuetudini ed ordini diversi veglierete
perchè l’unità politica, sospiro di tanti secoli, non possa mai essere
menomata.
L’opinione delle genti
civili ci è propizia; ci sono propizi gli equi e liberali principii che vanno
prevalendo nei Consigli d’Europa. L’Italia diventerà per essa una guarentigia
di ordine e di pace, e ritornerà efficace stromento della civiltà universale.
L’Imperatore dei Francesi, mantenendo fermo la
massima del non-intervento, a noi sommamente benefica, stimò tuttavia di
richiamare il suo inviato. Se questo fatto ci fu cagione di rammarico, esso non
alterò i sentimenti della nostra gratitudine, nè la fiducia nel suo affetto
alla causa italiana.
La Francia e l’Italia,
che ebbero comune la stirpe, le tradizioni, il costume, strinsero sui campi di
Magenta e di Solferino un nodo che sarà indissolubile.
Il Governo ed il
Popolo d’Inghilterra, patria antica della libertà, affermarono altamente il
nostro diritto ad essere arbitri delle proprie sorti, e ci furono larghi di
confortevoli uffici, dei quali durerà imperitura la riconoscente memoria.
Salito sul trono di
Prussia un leale ed illustre Principe, gli mandai un ambasciatore a segno di onoranza
verso di lui e di simpatia verso la nobile Nazione germanica, la quale, io
spero, verrà sempre più nella persuasione che l’Italia
costituita nella sua unità naturale non può offendere i diritti nè gli
interessi delle altre nazioni.
Signori Senatori! Signori
Deputati!
Io son certo che vi farete solleciti a fornire al mio
Governo i modi di compiere gli armamenti di terra e di mare. Così il regno
d’Italia, posto in condizione di non temere offese, troverà più facilmente
nella coscienza delle proprie forze la ragione dell’opportuna prudenza.
Altra volta la mia parola suonò ardimentosa, essendo
savio così lo osare a tempo, come lo attendere a tempo. Devoto all’Italia, non
ho mai esitato a porre a cimento la vita e la corona; ma nissuno ha il diritto
di cimentare la vita e le sorti di una Nazione.
Dopo molte e segnalate vittorie, l’Esercito italiano,
crescente ogni giorno in fama, conseguiva nuovo titolo di gloria espugnando una
fortezza delle più formidabili. Mi consolo nel pensiero che là si chiudeva per
sempre la serie dolorosa dei nostri conflitti civili.
L’armata navale ha dimostrato nelle acque di Ancona e
di Gaeta che rivivono in Italia i marinari di Pisa, di Genova e di Venezia.
Una valente gioventù, condotta da un Capitano che riempì del suo nome le più
lontane contrade, fece manifesto che nè la servitù, nè le lunghe sventure
valsero a snervare la fibra dei popoli italiani.
Questi fatti hanno inspirato alla Nazione una grande
confidenza nei proprii destini. Mi compiaccio di manifestare al primo
Parlamento d’Italia la gioia che ne sente il mio animo di Re e di Soldato.
Sessione del 1861 — Documenti — Vol. I
Nella prima parte (1-3)
il re annuncia l’unità Italiana avvenuta con l’aiuto della “Provvidenza Divina”
e affida al parlamento il compito di conferire al nuovo stato istituzioni e
assetto stabili per rendere l’Italia “garanzia di pace e serenità ed esempio
per tutti i popoli del mondo”, auspicando addirittura un decentramento ante litteram amministrativo che non
verrà realizzato de facto.
Nella seconda parte
(4-7) egli ricorda e ringrazia tutte le alleanze fatte e che erano in procinto
di essere realizzate durante le battaglie risorgimentali: in primis con
Napoleone III nel 1858 grazie agli accordi segreti di Plombieres, il cui
intervento fu epocale durante la II guerra d’Indipendenza. Inoltre il sovrano
mostra un’esplicita simpatia verso la Prussia definendola “Nobile”; questo è
già un preludio verso quella che sarà la Terza guerra d’Indipendenza nel 1866 con
la quale, grazie all’aiuto di Otto von Bismarck, riusciremo a togliere all’Impero
Austriaco, dopo labattaglia di Sadowa, il Veneto che sarà ceduto dall’Austria
prima a Napoleone III e poi all’Italia.
Nella parte conclusiva
il re ringrazia tutto l’esercito italiano per l’acceso patriottismo, per l’ardore
e per le abilità possedute. Ringrazia inoltre la marina militare italiana che aveva
dimostrato di essere all’altezza anche nelle battaglie marine più difficili
quali la battaglia di Gaeta durante la spedizione dei Mille, definendola quasi
degna erede delle Repubbliche Marinare. Ringrazia, inoltre, ma in modo più
implicito, tutti i generali italiani, in primis Giuseppe Garibaldi che guidò la
spedizione dei Mille e non solo. Il re conclude il suo discorso esprimendo il
suo compiacimento e la sua gioia verso una nazione ormai unificata in nome di “Re
e Soldato”.
Ritratto del Re |
Concludendo, non c’è
necessità di fare altre considerazioni intorno a questo discorso poiché “parla
da solo” ed è chiaro già così come esso è stato pronunciato dal re. Esso può
essere considerato il primo messaggio al popolo italiano che, però, è ancora da
farsi…
- Francesco Sorgente
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