Attraverso un esperimento condotto sui topi si è
dimostrato che la fase REM, quella associata ai sogni, può essere indotta o
estinta a comando grazie all’attivazione di particolari neuroni che sono
situati nel bulbo cerebrale.
Questo gruppo specializzato di neuroni del bulbo
cerebrale è stato identificato da alcuni ricercatori dello Howard Hughes Medical Institute dell'Università della California a
Berkeley, che in seguito allo studio hanno pubblicato un articolo riguardo la
loro scoperta sulla rivista scientifica Nature.
Il rapid eye
movement, conosciuto più comunemente con l’acronimo REM, ma anche come sonno paradosso o sonno paradossale, è una fase del sonno accompagnata da alterazioni
corporali-fisiologiche come irregolarità cardiaca, respiratoria e variazioni
della pressione arteriosa. In questa fase l'elettroencefalogramma mostra un andamento molto
simile a quello dello stato di veglia, ma c'è una paralisi quasi completa dei
muscoli scheletrici. Le fasi di sonno REM durano tipicamente dai 20 ai 40
minuti ciascuna e si presentano più volte fra l'addormentamento e il risveglio.
La fase REM è associata ai sogni e rappresenta,
secondo i criteri internazionali della divisione tra i vari stadi del sonno
(Rechtschaffen e Kales, 1968), l'ultima delle 5 fasi macroscopiche in cui è
diviso il sonno stesso. Tuttavia i meccanismi che ne sono alla base sono quasi
del tutto oscuri: infatti è nota solamente la partecipazione del bulbo
cerebrale, la parte più bassa del tronco encefalico. Successivamente
è stato dimostrato come la privazione della
possibilità di sognare, attraverso l’eliminazione delle fasi REM, provoca
l'insorgenza rapida di sintomi ansiosi, irritabilità, difficoltà di concentrazione, disturbi mnemonici, e se protratta a lungo, di sintomi psicotici come spunti di depersonalizzazione e di valenze paranoidi. Ciò sta ad indicare l’indispensabilità, per una sana integrazione
psicologica, di sognare.
Sfruttando
le tecniche dell'optogenetica (di cui abbiamo parlato anche qui), Franz
Weber e colleghi hanno scoperto che a controllare l'insorgenza e la durata di
questa fase sono alcuni neuroni della parte ventrale del bulbo che per comunicare
fra loro usano il neurotrasmettitore GABA (acido gamma amminobutirrico).
In
seguito i ricercatori hanno dato vita a dei topi geneticamente modificati in
modo che i loro neuroni presentassero una proteina sulla loro superficie
cellulare, grazie alla quale il neurone viene attivato quando è raggiunto da un
raggio luminoso. In seguito hanno quindi inserito nel bulbo di questi topi
delle sottilissime fibre ottiche che hanno permesso di attivare selettivamente
diversi gruppi di neuroni. Così si è potuto scoprire che attivando alcuni neuroni
mentre i topi dormivano, gli studiosi potevano indurre a comando il sonno REM
oppure prolungarne la durata. L'inattivazione di quegli stessi neuroni, invece,
accorciava e sopprimeva il sonno REM.
Nonostante
queste importantissime scoperte, i ricercatori hanno osservato che, agendo sui
neuroni che usano i neurotrasmettitori GABA, responsabili dell'insorgenza del
sonno REM, e su altri gruppi di neuroni, che si trovano nel bulbo, non è
possibile indurre il risveglio (o l'addormentamento). Questo va a dimostrare
che questi due processi dipendono da un ulteriore sistema di controllo del
sonno.
Questo
ci fa capire come i meccanismi di funzionamento del cervello umano siano ancora
in gran parte sconosciuti e, di conseguenza, quanto altro ci sia da scoprire
per i futuri scienziati.
- Iole
Clarizia
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