01/04/16

Hugo Cabret e la grande macchina che regola il mondo


Hugo Cabret è un bambino che vive insieme al padre orologiaio in una Parigi degli anni ‘30. Entrambi appassionati di marchingegni e meccanismi, decidono di aggiustare un automa vecchio e arrugginito in grado di scrivere autonomamente. Sfortunatamente il padre resta vittima di un incendio e Hugo è costretto a trasferirsi insieme allo zio nella stazione di Parigi, dove inizia a occuparsi del funzionamento di tutti gli orologi. In lui, però, resta vivo l’interesse di aggiustare l’automa e, essendo estremamente povero, è costretto a rubare i pezzi necessari da una piccola giocheria presente nella stazione. Un giorno il proprietario, un uomo triste e burbero, stanco dei suoi continui furti, decide di confiscargli il taccuino con tutti gli appunti relativi alla riparazione della macchina. Hugo intraprende così un’avventura che gli permetterà di tornare in possesso del suo blocchetto e di comprendere pienamente quell’uomo e la sua storia.

 


Diretto da Martin Scorsese, Hugo Cabret si presenta come uno dei migliori film in 3D degli ultimi anni, vincitore di tutti gli Oscar relativi agli effetti speciali nel 2012. Ad interpretare il protagonista il giovane Asa Butterfield, accompagnato da Ben Kingsley nei panni del proprietario del negozio. Il film incanta lo spettatore grazie alle immagini di una Parigi magica e fiabesca, rappresentata come un grande meccanismo. Ancora più importante è l’omaggio del regista ai fratelli Lumière e in particolare a Georges Méliès, ricordato nella storia del cinema come il creatore degli effetti speciali e del genere fantastico e fantascientifico. L’intera vicenda si articola proprio intorno al suo personaggio che è stato completamente dimenticato dal pubblico e superato dalle nuove tecnologie.

Una profonda riflessione, dunque, su come il passare degli anni influisca profondamente sulla mentalità comune, obliando un uomo che ha contribuito direttamente alla nascita del cinema. 

Di fondamentale importanza è il tempo, raffigurato dal regista come un grande congegno che regola il mondo ed è collegato ai singoli personaggi che sono alla continua ricerca del proprio scopo nella vita. 

Come dice Hugo: “Immaginavo che tutto il mondo fosse un enorme meccanismo. Le macchine non hanno mai dei pezzi in più, hanno sempre l’esatto numero che serve. Così ho pensato che se tutto il mondo era un’enorme macchina, io non potevo essere in più!”.

Alla fine ad unire i personaggi è proprio l’automa, un complesso di ingranaggi che permette a tutti di raggiungere la felicità.

- Sabrina Aliberti

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