Hugo Cabret è un bambino che vive insieme al padre orologiaio in una Parigi degli anni ‘30. Entrambi appassionati di marchingegni e meccanismi, decidono di aggiustare un automa vecchio e arrugginito in grado di scrivere autonomamente. Sfortunatamente il padre resta vittima di un incendio e Hugo è costretto a trasferirsi insieme allo zio nella stazione di Parigi, dove inizia a occuparsi del funzionamento di tutti gli orologi. In lui, però, resta vivo l’interesse di aggiustare l’automa e, essendo estremamente povero, è costretto a rubare i pezzi necessari da una piccola giocheria presente nella stazione. Un giorno il proprietario, un uomo triste e burbero, stanco dei suoi continui furti, decide di confiscargli il taccuino con tutti gli appunti relativi alla riparazione della macchina. Hugo intraprende così un’avventura che gli permetterà di tornare in possesso del suo blocchetto e di comprendere pienamente quell’uomo e la sua storia.
Diretto da Martin
Scorsese, Hugo Cabret si presenta
come uno dei migliori film in 3D degli ultimi anni, vincitore di tutti gli
Oscar relativi agli effetti speciali nel 2012. Ad interpretare il protagonista
il giovane Asa Butterfield, accompagnato da Ben Kingsley nei panni del
proprietario del negozio. Il film incanta lo spettatore grazie alle immagini di
una Parigi magica e fiabesca, rappresentata come un grande meccanismo. Ancora
più importante è l’omaggio del regista ai fratelli Lumière e in particolare a
Georges Méliès, ricordato nella storia del cinema come il creatore degli
effetti speciali e del genere fantastico e fantascientifico. L’intera vicenda
si articola proprio intorno al suo personaggio che è stato completamente
dimenticato dal pubblico e superato dalle nuove tecnologie.
Una profonda
riflessione, dunque, su come il passare degli anni influisca profondamente
sulla mentalità comune, obliando un uomo che ha contribuito direttamente alla
nascita del cinema.
Di fondamentale
importanza è il tempo, raffigurato
dal regista come un grande congegno che regola il mondo ed è collegato ai
singoli personaggi che sono alla continua ricerca del proprio scopo nella vita.
Come dice Hugo: “Immaginavo
che tutto il mondo fosse un enorme meccanismo. Le macchine non hanno mai dei
pezzi in più, hanno sempre l’esatto numero che serve. Così ho pensato che se
tutto il mondo era un’enorme macchina, io non potevo essere in più!”.
Alla fine ad unire i
personaggi è proprio l’automa, un complesso di ingranaggi che permette a tutti
di raggiungere la felicità.
- Sabrina Aliberti
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