01/04/16

Mala signoria spinse Palermo a gridar: “Mora, mora!”


“Dall'Alpe a Sicilia dovunque è Legnano;

ogn’uom di Ferruccio ha il core e la mano;
I bimbi d'Italia si chiaman Balilla;
il suon d'ogni squilla i Vespri suonò.”

Recita così la quarta strofa del “Canto degli Italiani”, citando alcuni eventi storici accaduti nella nostra penisola che, in ottica risorgimentale, rappresentano momenti di indipendenza del popolo nostro dagli stranieri. 
Oggi focalizzeremo la nostra attenzione su un evento in particolare, in quanto ieri se ne celebrava la ricorrenza: i Vespri siciliani.


Essi sono, in sostanza, una rivolta del popolo siciliano contro l’eccessivo prelievo fiscale voluto da Carlo I d’Angiò. Scopriamo ora le cause e le conseguenze di questa rivolta. Nel 1250 con la morte del Sacro Romano Imperatore Federico II di Svevia – Hohenstaufen si aprirono 23 anni di interregno nell’Impero. Egli, comunque, lasciò come erede al trono imperiale suo figlio Corrado IV e designò erede del trono siciliano suo figlio Manfredi. Quest’ultimo era de iure, solo un reggente, perché de facto il vero re era Corradino di Svevia ma, poiché Corrado IV morì prematuramente e Corradino era ancora molto piccolo, Manfredi riuscì a diffondere la falsa notizia della morte di Corradino e si fece incoronare re di Sicilia. Manfredi durante gli anni del suo regno diede adito a tutte le forze ghibelline della penisola, alleandosi con il senese Farinata degli Uberti, e affrontò Firenze, alleata con le forze guelfe, nella battaglia di Montaperti nel 1260. L’allora papa Urbano IV, preoccupato e quasi urtato sia dalle vittorie ghibelline sia dalla politica condotta da Manfredi, decise di scomunicare Manfredi e di offrire la corona di Sicilia a Carlo I d’Angi,ò fratello del re di Francia Luigi IX il Santo (tale accordo fu rafforzato dal successore di Urbano IV, Clemente IV). Manfredi non si perse d’animo e decise di affrontare Carlo. Fu sconfitto, però, e ucciso nella celeberrima battaglia di Benevento, nel 1266. Sembrava, quindi, che Carlo I avesse conquistato la corona siciliana, ma non fu così perché il “legittimo” re di Sicilia Corradino, che si credeva morto, decise di rimpossessarsi della sua altrettanto legittima corona, salvo essere sconfitto nella Battaglia di Tagliacozzo nel 1268. Carlo d’Angiò ora era a tutti gli effetti re di Sicilia. 

A questo punto, però, cominciano i problemi. Carlo I non era di certo un sovrano mite: impose un gravoso prelievo fiscale ai danni del popolo siciliano e furono tante le proteste per questo motivo. Inoltre, egli non risiedeva a Napoli bensì in Anjou e soventemente affidava il governo ed il controllo fiscale ai baroni del regno che di certo non si comportavano in modo lecito. Ad un certo punto il re d’Aragona Pietro III Trastamara voleva la corona di Sicilia, in quanto aveva sposato Costanza, figlia di Manfredi. 

Ed ora l’evento principale: il giorno 30 marzo dell’anno 1282, all’ora del vespro, davanti alla chiesa del Santo Spirito a Palermo (chiamata poi chiesa del Vespro) un soldato francese di nome Droetto si comportò in maniera irriguardosa nei confronti di una giovane nobildonna siciliana. Il popolo, ormai stanco di queste usurpazioni da parte dei francesi, uccise Droetto, gridò morte a Carlo d’Angiò e appoggiò le pretese della corona da parte di Pietro III. Ormai tra Aragonesi ed Angioini era guerra. Questa guerra terminò nel 1302, grazie all’intervento di papa Bonifacio VIII, per mezzo della pace di Caltabellotta che sancì la rottura del Regno di Sicilia Normanno – Svevo in Regno di Napoli (detto anche “Regno di Sicilia superiore”) che fu affidato a Roberto d’Angiò, fratello di Carlo, e Regno di Sicilia (chiamato anche “Regno di Trinacria” o “Regno di Sicilia inferiore”) che fu dato a Ferdinando d’Aragona. La guerra però non era del tutto finita perché la pace sanciva che, dopo la morte del re di Sicilia aragonese, il regno doveva ritornare nelle mani degli Angioini ma non fu così. Solo nel 1442 Alfonso V Trastamara, re d’Aragona, riuscirà, al contrario, a togliere il regno di Napoli dalle mani angioine. L’episodio dei vespri è citato anche da Dante nella Divina Commedia: 
«…se mala signoria, che sempre accora,
li populi suggetti, non avesse
mosso Palermo a gridar: “Mora, mora!”». (Pd VIII 73 - 75)

Concludendo, questo è un episodio importantissimo della storia italiana perché, secondo molti storici, rappresenta uno dei primi esempi di un popolo che, scagliandosi contro il sovrano, voleva conquistare il rispetto dei propri diritti e il riconoscimento del principio di autodeterminazione

- Francesco Sorgente

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