Il Giorno del
Ricordo si celebra oggi
10 febbraio nell'anniversario della firma del Trattato di pace con il quale
alla Jugoslavia furono assegnate l'Istria e gran parte della Venezia Giulia. E'
il giorno in cui si commemorano le vittime delle foibe, l'esodo dalle
loro terre di istriani, fiumani e dalmati dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Le foibe sono
cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo. È in quelle
voragini dell'Istria che fra il 1943 e il 1947 sono gettati, vivi e morti,
quasi diecimila italiani.
La prima ondata
di violenza esplode subito dopo la firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943:
in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli
italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle
foibe circa un migliaio di persone. Li considerano “nemici del popolo”. Ma la
violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste,
Gorizia e l'Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli
italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici,
liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. Lo
racconta Graziano Udovisi, l'unica vittima del terrore titino che riuscì ad
uscire da una foiba.
È una carneficina che testimonia l'odio
politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla
futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera
del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l'Italia e la
Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce.
Nel febbraio del
1947 l'Italia ratifica il Trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra
mondiale: l'Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia.
Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore,
non hanno nulla, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia una grande
accoglienza. La sinistra italiana li ignora: non suscita solidarietà chi sta
fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell'URSS, in cui si è
realizzato il sogno del socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è,
del resto, la ragione per cui il PCI non affronta il dramma, appena concluso,
degli infoibati. Ma non è solo il PCI a lasciar cadere l'argomento nel
disinteresse. Come ricorda lo storico Giovanni Sabbatucci, la stessa classe
dirigente democristiana considera i profughi dalmati 'cittadini di serie B', e
non approfondisce la tragedia delle foibe. I neofascisti, d'altra parte, non si
mostrano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della
seconda guerra mondiale nei territori istriani. Fra il 1943 e il 1945 quelle
terre sono state sotto l'occupazione nazista, in pratica sono state annesse al
Reich tedesco.
Per quasi
cinquant'anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la
vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta
'perché, ricorda ancora Sabbatucci, è stata ignorata per molto tempo'? Il 10
febbraio del 2005 il Parlamento italiano ha dedicato la giornata del ricordo
ai morti nelle foibe. Inizia da questa data l'elaborazione di una delle
pagine più angoscianti della nostra storia.
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