Ahh, il profumo della cart- ah no aspetta... H-ho
sbagliato. Cominciamo bene, il titolo è azzeccato. La rifaccio...
Ahh, il “TIC TIC TIC” della tastiera... Mi era
mancato! Sembra quasi scandisca il tempo dei pezzi della mia solita playlist
infinita su Spotify; ormai questi pannelli fonoassorbenti della mansarda hanno
più cultura musicale di me.
Ed eccoci qui, ci siamo! Questo è l’appuntamento
settimanale che vi proporrò da oggi fino a quando una strana divinità deciderà
di terminare la mia esistenza. Spaventati? Siamo sulla buona strada.
Album
e buoi, dei paesi tuoi
In fatto di gusti musicali, si sa, il raziocinio non
esiste. Ammettilo anche tu, caro lettore, che un parere critico (magari anche
irritante) rivolto al tuo artista preferito in realtà ti scorre addosso manco
fossi un impermeabile. Non mentirmi, ti prego, o Gesù si arrabbia, e poi sono ca#*%i tuoi.
Ma quali sono realmente quegli album che, al di là
del gusto musicale, hanno coinvolto, rivoluzionato o fatto vergognare un’epoca
intera?
Di sicuro uno di questi è “Nevermind” (1991), album
iconico della band statunitense “Nirvana”.
Ogni volta che ne parlo mi fa male il cuore... Forse suonarli per 15 anni alla
fine produce il proprio effetto negativo... Non posso negare, però, la
grandezza di quest’album; un impatto non esagerato d’intensità dei brani ha
garantito l'ascolto a più persone, trasformando “Smell Like Teen Spirit” in una sorta di inno istantaneo per la
generazione che, all’epoca, si definiva banalmente “punk” (genere di musica
rock nato nel 1977, contraddistinto dall’uso di una strumentazione essenziale,
dal rifiuto delle linee melodiche e dal carattere dissacrante dei testi), che
però oggi prende il nome di “grunge” (nome che sarà assegnato al genere stesso,
che deriva dall’alternative rock). Questo brano su tutti riuscì a tirare in
strada milioni di persone in tutto il mondo, che si scatenavano in nome della
lotta alla repressione da parte della società.
https://www.youtube.com/watch?v=hTWKbfoikeg&feature=youtu.be
Nessun bambino con il membro di fuori è stato
sfruttato o danneggiato ai fini della copertina, anzi, oggi è plurimilionario
(mortacci sua).
Ma torniamo un po’ indietro... Sono gli anni 60, e
l’Inghilterra domina il mercato musicale. Gruppi come i Beatles o i Rolling Stones
sono all’apice del successo. Ma sono troppo “commerciali”. Nascono i Pink Floyd, gruppo di amici con una caratteristica
in comune: quella di non saper suonare. E’ ormai risaputo che alcuni membri in
particolare non avessero mai studiato alcuna tecnica e suonassero totalmente ad
istinto, potremmo dire “a naso”. Sebbene agli inizi si siano dedicati
prevalentemente alla musica psichedelica e allo “space rock” (sottogenere del
rock progressivo caratterizzato da sonorità e testi che suggeriscono atmosfere
fantascientifiche), il genere che meglio definisce l’opera dei Pink Floyd,
caratterizzata da una coerente ricerca filosofica, esperimenti sonori, grafiche
innovative e spettacolari concerti, è il rock progressivo.
L’album ritenuto da molti il migliore, forse perchè
più conosciuto (grande errore se fosse davvero così), è “The Dark Side of the Moon”. No, non sto qui a spiegarvelo.
https://www.youtube.com/watch?v=HW-lXjOyUWo&list=PLEQdwrAGbxndFdwcq_aMkn_Y1Fc3XDUuF
Non fate uso di stupefacenti mentre ascoltate questo
album, vi avverto.
Anche se dico di odiarli, in fondo mi sciolgo come
un cubetto di ghiaccio ad ogni nota. I Pink Floyd sono il chiaro esempio che la
musica non è solo tecnica, ma anche (e soprattutto) ricerca.
Per questa settimana è tutto, ma mi raccomando,
prendi queste pillole con un po’ d’acqua altrimenti ti strozzi, e non puoi
permettertelo: devi ritornare qui la settimana prossima.
CIAAAOOOOOOOOOO!
Giovanni Galdo - V B
Non ti azzardare a scrivere in questo modo una mattina di giugno, ma segui la tua passione
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