Spesso sentiamo parlare
di libertà e di tolleranza, soprattutto in questo periodo, ma definire e capire
questi concetti è molto difficile.
Il concetto di libertà,
ad esempio, si è sviluppato in particolar modo durante l’Illuminismo.
Nei secoli precedenti, pochissimi si erano occupati della questione, come ad esempio Spinoza che sosteneva che la libertà consisteva nell'essere indipendenti dalle passioni, dalle emozioni. Durante l’epoca dei lumi, gli Stati stessi presero a cuore la questione. In particolare, la Francia che, il 26 agosto 1789, promosse la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino che sanciva diritti inalienabili come la vita, la felicità e la libertà. Quest’ultima era concepita come “poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri” (Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino, Parigi, 1789).
Qual è, però, il limite
di questa libertà?
Il limite è dettato
dalla legge, la quale deve vietare le azioni nocive alla società, ma
soprattutto deve essere uguale per tutti i cittadini, indipendentemente dalla
loro condizione sociale. Al conseguimento di questo pensiero contribuirono
molti filosofi, il più importante fu sicuramente Jean Jacques Rousseau che
affermava nel Discorso sull’origine e la
disuguaglianza fra gli uomini del 1754 : <<Avrei voluto vivere e morire libero, cioè totalmente
sottomesso alle leggi, che né io né alcun altro potesse scuoterne l’onorevole
giogo[…]>>. Ancora una volta la libertà non viene concepita
come vivere non avendo alcun limite, ma come vivere sapendo che la legge
garantisce la nostra libertà limitandola.
Circa un decennio prima
(1776) della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino,
l’America aveva mosso i primi passi in questo campo con la Dichiarazione d’Indipendenza, che per prima ha stabilito che gli
uomini sono tutti uguali e che ci sono dei diritti inalienabili come la vita,
la libertà e la ricerca della felicità. Potremmo dire che il pensiero americano
anticipava il pensiero liberale dell’individualismo, ossia i singoli individui
devono poter raggiungere la felicità individuale, che non è nociva allo Stato.
Concetto affine a
quello di libertà è quello di tolleranza, che al giorno d’oggi sembra essere
del tutto assente, ovunque. Basti pensare a quello che sta accadendo nel mondo,
l’Isis contro gli infedeli, gli Stati contro l’Isis, il popolo contro i
musulmani, gli Stati contro i migranti, gli uomini contro gli uomini. Questa
lotta uomo contro uomo non sembra avere nessuno scopo, alcun fine, se non
quello di distruggerci a vicenda. Tuttavia, c’è un punto centrale, una
caratteristica fondamentale, che sembra sfuggire agli illustri governatori e
agli ignoti popoli, cioè il fatto che siamo tutti uguali, fallibili e inclini
all’errore come diceva Voltaire nel suo Trattato
sulla tolleranza del 1763. Sempre
secondo Voltaire << Non resta, dunque, che perdonarci vicendevolmente le
nostre follie>>. Ed è proprio questo il principio fondamentale sul
quale si basano tutti i diritti umani.
Normalmente, però, la
tolleranza è intesa in maniera del tutto errata, come sopportazione del
prossimo, tollerarlo come fosse un peso <<che non può concepirsi diversamente che “in-altro”>> (Massimo
Cacciari, conferenza tenuta a Foggia, giugno 2006). Tolleranza significa aver
rispetto nei confronti della diversità dell’altro, concependolo come un essere
umano del tutto uguale a noi. Essendo tutti uguali di conseguenza nessun uomo
può decidere la morte di un altro, in quanto l’omicidio non è concepibile nemmeno
quando è giustificato dallo Stato. Dovremmo essere tutti più tolleranti, più
decisi nel difendere i nostri diritti, la nostra libertà. Concludo con una
citazione che è stata attribuita a Voltaire: <<Non condivido ciò che dici, ma difenderò fino alla
morte il tuo diritto a dirlo>>.
-Iole Clarizia
Nessun commento:
Posta un commento